Lo scazzo tra Salvini e Di Maio non può essere ridotto a una semplice lite tra comari. Le caricature sono sempre sbagliate.
I due campioni della cosiddetta terza Repubblica litigano su cose incomprensibili perché le basi del loro successo elettorale sono figlie di una stagione politica confusa. Dove identità e programmi sono considerati fattori secondari se non addirittura interscambiabili ormai da tempo. E dunque spazio a formule astruse decodificabili solo dal ceto politico.
Ma la cosa più incredibile è la rimozione del contesto europeo nel quale si muove questa contesa. L’Europa va indietro, spaccata tra rigoristi e nazionalisti.
Un brutto film. Salvini da parte sua non fa mistero di apprezzare e sostenere il Presidente Orban che ha trionfato appena domenica scorsa alle elezioni ungheresi. Le ha vinte dopo aver trasformato quella giovane democrazia in una dittatura morbida di stampo putiniano, mettendo sotto controllo media e magistratura, alzando muri nei confronti dei migranti, portando avanti una politica economica ultraliberista. Se il modello di Salvini è esplicitamente Orban, la domanda da porre a Di Maio non è se alla fine si accordano su un terzo nome, ma se ritiene possibile ancora oggi naturale allearsi con chi ha in testa una politica xenofoba e illiberale. Lo giudica un modello compatibile con i suoi valori? In questo quadro persino il veto a Berlusconi appare irrilevante, superfluo e persino un po’ comodamente autoassolutorio.
Oggi la sfida anche per i Cinque stelle è tracciare un confine con questa destra estrema e parafascista che imperversa in Europa. Un confine che parli della libertà di informazione, della divisione dei poteri, della democrazia rappresentativa, del rifiuto di qualsiasi forma di razzismo. Insomma scegliere se rifiutare il Fascismo che torna.
A pochi giorni dal 25 aprile forse una parola chiara aiuterebbe. Morettianamente chiediamo a Di Maio: dì qualcosa. Dì qualcosa di antifascista. L’imminente anniversario della liberazione chiama anche lui a fare i conti con la storia. L’imminente anniversario della liberazione chiama anche lui a fare i conti con la storia.